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martes, 22 de diciembre de 2020

Ondata di Calore - Nelo Risi (1970)


TÍTULO ORIGINAL
Ondata di calore
AÑO
1970
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español e Inglés (Separados)
DURACIÓN
105 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Nelo Risi
GUIÓN
Anna Gobbi, Nelo Risi, Roger Mauge (Novela: Dana Moseley)
MÚSICA
Peppino De Luca, Carlos Pes
FOTOGRAFÍA
Giulio Albonico
REPARTO
Jean Seberg, Luigi Pistilli, Lilia Nguyen, Gianni Belfiore, Paolo Modugno, Franco Acampora, Stefano Oppedisano
PRODUCTORA
Co-production Italia-Francia; Filmes Cinematografica, Les Films Corona, Les Films Pomereu
GÉNERO
Drama

Sinopsis
Joyce è una giovane donna americana, moglie di un ingegnere tedesco, Alexander Grass, che da anni lavora alla ricostruzione di Agadir, la città del Marocco distrutta dal terremoto del 1961. La sua vita non sembra essere molto felice: l'atteggiament o paternalistico del marito, le di lui tendenze anormali hanno fatto di lei, incapace di reagire, una donna frustrata, sola nella sua casa, oppressa dal caldo afoso portato da una violenta tempesta di sabbia, ossessionata dalle improvvise apparizioni di Alì, il giovane amico del marito, e la difficoltà di comunicazione con una umanità così dissimile, portano Joyce al limite della disperazione ed essa tenta di uccidersi avvelenandosi con il gas. Ma il dottor Volterra, amico di famiglia, giunge in tempo a salvarla. Fattasi ricoverare in clinica per trovare un poco di pace, essa viene ripresa dai suoi incubi e dalle sue angosce ed ha una crisi di nervi. Fuggita con la macchina del dottore essa si precipita a casa: qui trova la polizia che ha scoperto il cadavere del marito che essa aveva ucciso il giorno precedente. (Cinematografo.it)

Premios
1970: San Sebastián: Concha de Oro
2 

Jean Seberg in Ondata di calore suscita il ricordo di Delphine Seyring: capello corto biondo platino, fisicità carnale ed eterea. Anzi, più carnale, in talune sequenze decisamente erotica; come quando, nuda, abbandonata e languida, si carezza i seni, turriti da capezzoli erti, con un cubetto di ghiaccio. Donna fatta, Jean è in quella pienezza già sul ciglio del declinare, come l’aroma di un frutto talmente maturo da sembrare un po’ mèzzo. Delphine Seyring anche per ciò che lega – o sembra legare – Ondata di calore al Mariembad di Resnais. L’essere  umano chiuso all’interno di uno spazio indecifrabile (che lo contiene e insieme lo giustifica) non fa che reiterare e accumulare atti anch’essi indecifrabili. Ricorda, sogna, delira, cioé esce dal solco delle cose spiegabili? Forse è già morto. Dino Risi traslò il contenuto del romanzo di Dana Moseley, Dead of Summer, dalle sabbie rugginose del Texas a quelle calcinate e turbinanti di Agadir, in Marocco; qui una donna americana aspetta il ritorno del marito architetto da una partita di caccia, all’interno di una casa di geometrica bellezza, al contempo carcere e guscio. La scenografia di Giuseppe Bassan e le musiche di Peppino De Luca e Carlos Spes tessono intorno alla protagonista gran parte della forza dell’incantesimo.
Tutto è sospeso, palpita di qualcosa che deve ancora succedere, continuamente diluito. In realtà, già accaduto. Jean fuma, spia all’esterno e si fa spiare, nuda, perde tempo giocherellando con gli oggetti, anche con una bambola gonfiabile del marito, il quale par di capire incline alla pederastia e abbia una relazione con un ragazzetto del posto. L’attesa si fa, per così dire, materia: nella figura della sabbia e del caldo che premono, aumentano, si accalcano alle porte, intrudendosi attraverso ogni fessura. L’ondivaga Jean è assediata a Fort Alamo, aliena tra presenza aliene, fantasma tra i fantasmi: una donna di servizio, un portiere, un giovane di conturbante bellezza. Ma comunicare appare impossibile, e non, ovviamente, per questione di lingua. Infine, un medico (Luigi Pistilli) la sottrae al suicidio mettendole a disposizione una stanza refrigerata nella sua clinica. Si fissa nell’immaginario la scena in cui Jean, di fronte allo split dell’aria condizionata, viene investita dal flusso fresco sulle note della colonna sonora. La liberazione e la catarsi non avrebbero potuto essere meglio rese.
L’epilogo scioglie il nodo del film alla maniera tranciante di Gordio, usando come lama quella del giallo e vibrando il colpo con decisa rapidità. Anche troppa, magari. Jean Seberg era nella vita una donna scossa e problematica, ma è da escludere che l’abbiano presa per questo. Era solo una magnifica attrice. Il film in censura prese il divieto ai minori di 14 anni “per i nudi della protagonista, per l’amplesso in cui si abbandonano i due indigeni e per la scena in cui la protagonista tenta di sedurre un giovane indigeno dipendente del marito”. La scena dei due locali, spiati dalla Seberg mentre fanno l’amore, fu quasi certamente filmata in versione anche più spinta come testimoniano alcune fotografie prese sul set. Bistrattato e conculcato sia dalla critica aulica, ai tempi, sia dal fandom grezzo del bis italiano, oggi, che non lo capisce bene e scambia l’andamento meditativo e rarefatto per velleitarismo e noia.
Davide Pulici
https://www.nocturno.it/movie/ondata-di-calore/

Nelo Risi

Poeta, regista e sceneggiatore cinematografico, nato a Milano il 21 aprile 1920. Fra i poeti della generazione post-ermetica, di fine ingegno e cultura, rispettoso di sé, dei lettori e degli spettatori nella scelta degli argomenti, ha prodotto un cinema che anche nelle opere maggiormente narrative appare lontano dalla finzione e incentrato su episodi di vita vissuta, secondo una 'poetica dell'usuale' (la definizione è dello stesso R.) che pare adattarsi particolarmente bene al teleschermo, il quale infatti ha spesso accolto i suoi contributi (medaglioni storici, inchieste, fiction). Quasi sempre sceneggiatore (spesso in collaborazione) dei film diretti, ha ricevuto due Nastri d'argento, nel 1960 per la regia del cortometraggio I fratelli Rosselli (1959) e nel 1970 (insieme a Fabio Carpi) per la sceneggiatura del film a soggetto Diario di una schizofrenica (1968).
Fratello minore del regista Dino, si laureò in medicina, ma si dedicò poi alla poesia, pubblicando libri che alla fermezza del giudizio sociale e morale uniscono a volte una tersa vena ironica (vanno ricordati almeno Polso teso, 1956, Pensieri elementari, 1961, Dentro la sostanza, 1965, Di certe cose che dette in versi suonano meglio che in prosa 1970, Amica mia nemica, 1976). Si accostò al cinema nel 1948 a Parigi (dove in quel periodo risiedeva), entrando a far parte di un gruppo di cineasti, guidato dagli statunitensi Richard Leacock e John Ferno e incaricato di documentare i disastri della Seconda guerra mondiale in Europa; tra i suoi lavori di quel periodo spicca Ritorno nella valle (1949), girato in Grecia. Tornato nel 1954 in Italia e fortemente influenzato dall'ammirazione per l'opera di Roberto Rossellini, tra il 1956 e il 1963 realizzò una ventina di apprezzati documentari su figure e momenti della storia del Novecento, politica (Enrico Fermi e Il delitto Matteotti, 1956; I fratelli Rosselli), economica (ELEA classe 9000, 1960; Elettricità romantica, 1961), artistica (Periferia di Sironi 1958), letteraria (La Firenze di Pratolini, 1963). Esordì nel cinema narrativo con Ragazze madri, episodio del film-inchiesta collettivo Le italiane e l'amore (1961). Nello stesso anno, con la serie storica Patria mia, avviò la sua lunga collaborazione con la RAI; al piccolo schermo furono destinati i suoi primi film: nel 1965 La strada più lunga, dal romanzo Il voltagabbana di D. Lajolo, due anni dopo Vivere insieme ‒ Difficile giudicare. Il suo primo lungometraggio per il cinema fu Andremo in città (1966), girato in Iugoslavia e ricavato dal romanzo autobiografico di E. Bruck, scrittrice ebrea di origine ungherese e moglie del regista, che racconta il viaggio di due fratelli verso un lager nazista (un bambino cieco e la sorella, interpretata da Geraldine Chaplin, la quale gli fa credere che una volta giunti in città verrà operato e riacquisterà la vista). Di particolare interesse, per l'esemplare analisi di un caso clinico e la tersa scansione del racconto, è Diario di una schizofrenica, storia di una guarigione ottenuta dalla psicoanalista svizzera M.A. Sechehaye, dal cui Journal d'une schizophrène è ricavata. Di più esplicita invenzione letteraria, ma sempre influenzato dallo studio di una nevrosi, è il thriller Ondata di calore (1970), girato in Marocco e tratto dal romanzo Dead of summer di D. Moseley. Delle esperienze africane del poeta A. Rimbaud tratta Una stagione all'inferno (1971). Persuasiva, rigorosa nella ricostruzione storica, elegante sul piano figurativo, connotata da una partecipe adesione al mondo oppresso è la visualizzazione di La colonna infame (1973), sul processo agli untori (1630) narrato da A. Manzoni nell'opera omonima e la cui sceneggiatura fu realizzata in collaborazione con Vasco Pratolini.Abbandonato il cinema, R. ha girato per la televisione numerosi film (tra cui Le città del mondo, 1975, dal romanzo di E. Vittorini) e documentari (tra cui Albert Speer, 1973). È temporaneamente tornato al grande schermo con Un amore di donna (1988), un melodramma romantico non particolarmente apprezzato dalla critica.
Francesco Bolzoni - Enciclopedia del Cinema (2004)
https://www.treccani.it/enciclopedia/nelo-risi_%28Enciclopedia-del-Cinema%29/



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