TITULO ORIGINAL
Permettete, signora, che ami vostra figlia
AÑO
1974
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
102 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Gian Luigi Polidoro
GUIÓN
Rafael Azcona, Leonardo Benevenuti, Piero de Bernardi, Gian Luigi Polidoro
MÚSICA
Carlo Rustichelli
FOTOGRAFÍA
Mario Vulpiani
REPARTO
Ugo Tognazzi, Bernadette Lafont, Franco Fabrizi, Lia Tanzi, Rossana Di Lorenzo, Felice Andreasi, Ernesto Colli
PRODUCTORA
Coproducción Italia-Francia; Aquarius Films, Clodio Cinematografica, Compagnia Cinematografica Champion, Madeleine Films
GÉNERO
Comedia. Drama | Comedia dramática. Teatro
Sinopsis
El montaje de una obra sobre los amores entre Benito Mussolini y Clara Petacci pondrá al descubierto un mundo más bien sórdido. (FILMAFFINITY)
Intervista al regista Gian Luigi Polidoro
tratta da "Bagnacavallo, un paese nel cinema" a cura di Gianfranco Casadio
Edizioni del Bradipo, 1994
«Di questo film, che ha ormai 19 anni (l’intervista risale al 1993, ndr), alcune cose me le sono proprio dimenticate. È un film che è nato in un modo un po’ strano. C’è stato Tognazzi che si è innamorato di questo soggetto che avevamo scritto sulla vita di Mussolini e Claretta Petacci, visto naturalmente non in modo serioso e storico, ma visto attraverso l’occhio di uno scalcinato capocomico, che aveva una compagnia miserabile con cui andava in giro per l’Italia, una specie di compagnia Doriglia Palmi, non so se ve la ricordate.
Tognazzi si era innamorato dell’idea di voler fare il personaggio di Mussolini, ed è andato da Carlo Ponti, a dirgli che gli sarebbe piaciuto tanto fare Mussolini. È il sogno un po’ di tutti gli attori di voler fare un personaggio famoso; anche per un certo gigionismo, Tognazzi si era messo in testa che quella sarebbe stata una grande interpretazione. Poi durante il film, abbiamo litigato, perché lui voleva fare un Mussolini un po’ troppo caricaturale, prendendolo in giro durante la recitazione e questo perché aveva paura che altrimenti venisse fuori un film fascista. Mentre io sostenevo che se quella era la storia della grande avventura amorosa di Mussolini, raccontata da un poveraccio, che la scrive rendendola molto simile a un romanzone dell’ ’800, il povero capocomico, che nel film la interpreta, la deve prendere sul serio senza ironizzarci sopra. L’ironia semmai, verrà fuori poi, dall’insieme del film. Ad ogni modo, nonostante questa controversia, abbiamo deciso di fare il film.
Siccome era una storia itinerante, perché era una compagnia che si spostava di teatro in teatro, di città in città, alla fine del film siamo giunti a Bagnacavallo, dove la vicenda si concludeva in una maniera abbastanza grottesca.Il teatro di Bagnacavallo che, ricordo, era molto bello, me lo aveva indicato lo scenografo Tovaglieri, dopo averlo scelto tra i tanti visionati. Lì abbiamo fatto una scena molto movimentata. Infatti il pubblico del teatro, un pubblico romagnolo, che si presume di sinistra, non troppo incline ad avere debolezze per il personaggio di Mussolini, si arrabbia molto vedendo lo spettacolo, e prende, addirittura, a pomodorate Tognazzi e tutta la compagnia. Ricordo che avevamo dato a tutte le comparse pomodori marci e uova. La gente si divertiva da matti a tirarli sulla scena. Qualcuno prese in faccia Tognazzi con un po’ troppa violenza.
A questo proposito c’è un episodio curioso da raccontare. Siccome avevamo dato a tutti questi ragazzotti delle “munizioni” da tirare, la cosa preoccupava alquanto anche Franco Fabrizi, il quale si era raccomandato di essere tranquilli nel tirare. È probabile, invece, che Tognazzi abbia strizzato l’occhio a qualcuno per cui, ad un certo punto, un uovo, o non so bene che cosa, prese in piena faccia Fabrizi, il quale si arrabbiò moltissimo. Fece una scenata in cui minacciò di smettere di girare.
Per le comparse, visto che ci serviva un teatro pieno, abbiamo fatto in modo che chi voleva venire veniva. Abbiamo invitato tutti, erano tutti bene accetti. Poi quelli più interessanti sono stati messi in primo piano per una piccola scena su un palco, con il preciso incarico di tirare al momento giusto. E di gridare alcune frasi in dialetto contro Tognazzi, contro il duce insomma.
Per avere un senso di verità è sempre molto importante vedere dove si gira. Perché la gente, il modo di parlare, il dialetto sono elementi fondamentali di una storia. In questo caso eravamo contenti di girare in Romagna, perché la gente è piena di vita. Non ha paura della macchina da presa, si agita per davvero, è gente, insomma, che ha una certa carica dentro. Quindi è molto comodo girare in Emilia Romagna, è uno dei posti in Italia dove si gira meglio.
Ma torniamo a Tognazzi. Era molto preoccupato di fare un film fascista, evidentemente qualcuno gli aveva messo in testa che il film sarebbe stato inteso come un film un po’ fascista, perché il personaggio principale era Mussolini. Era così preoccupato che a un certo punto litigava spesso anche con me, perché non voleva che il personaggio si pigliasse sul serio. Il che era assurdo perché avevo scritto il film in un’altra maniera. Avevo scritto un film dove c’era un signore che, mentre diventava Mussolini sulla scena, lo diventava un po’ anche dentro e si montava la testa per il successo che non aveva mai avuto. Si montava, si montava finché alla fine aveva una reazione folle e faceva fuori tutta la troupe.
Ma Tognazzi, contro il mio parere, continuava a prendere in giro il personaggio di Mussolini anche sulla scena e questo ha fatto sì che sorgessero degli screzi abbastanza forti fra noi. Ad un certo punto fece una conferenza stampa dove disse che il film non andava bene, perché il regista cercava di fare dell’apologia del fascismo. Da quel momento non ci siamo più salutati e, solo negli ultimitempi, a Parigi, a casa di Marco Ferreri, ci siamo detti che era ora di tornare amici come un tempo.
Purtroppo un mese dopo è morto.
Non so se il titolo del film sia un gran titolo: Permette, signora che ami vostra figlia?, con il punto interrogativo alla fine. È un titolo che deriva da una frase attribuita a Mussolini e rivolta alla mamma di Claretta Petacci, perché Mussolini, che evidentemente era un uomo un po’ all’antica e credeva fosse necessario chiedere il permesso per avere un’amante e che, se non poteva sposarla, visto che era già sposato, almeno aveva l’autorizzazione della madre dell’amente per poter avere una relazione. Noi insieme ad Azcona l’avremmo voluto chiamare “Ben e Claretta” che tra l’altro era il titolo della commedia che si vedeva nel film, quella scritta dal capocomico interpretato da Tognazzi.
La sceneggiatura veniva da un soggetto scritto da me, ma che non era riuscito ad entrare in produzione, fino a che Carlo Ponti decise invece di produrlo. Io sono riuscito ad avere come sceneggiatore prima Rafael Azcona e poi Benvenuti e De Bernardi, ci siamo divertiti moltissimo a scrivere questa storia. Se il film ha avuto un esito relativamente mediocre, ciò è dovuto anche al fatto che Tognazzi non l’ha aiutato quando il film è uscito. Evidentemente per paura di aver fatto un film politicamente sbagliato, e così la critica l’ha trattato abbastanza male. Sono dovuti passare parecchi anni, e cioè quando l’abbiamo visto a New York in proiezione per merito di Ugo Stille e Manlio Cancogni, e solo allora c’è stato un lungo articolo di Cangnoni in cui si diceva che il film era abbastanza bello. Ma il peggio era già stato fatto e il successo fu quello che fu».
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