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viernes, 10 de mayo de 2013

La legge è legge - Christian-Jaque (1958)

TITULO ORIGINAL La legge è legge
AÑO 1958
IDIOMA Italiano
SUBTITULOS Español e inglés (Separados)
DURACION 103 min.
DIRECCION Christian-Jaque
GUION Christian-Jaque, Jacques Emmanuel, Jean Charles Tacchella
FOTOGRAFIA Gianni Di Venanzo (B&W)
REPARTO Totò, Fernandel, Nino Besozzi, Noël Roquevert, Leda Gloria, Nathalie Nerval, Luciano Marin, Albert Dinan, Anna Maria Luciani, Henri Crémieux
PREMIOS 1958: Festival de Berlín: Sección oficial de largometrajes
GENERO Comedia

SINOPSIS Ferdinand es un estricto agente francés que vigila la aduana de Assola, población en parte francesa y en parte italiana, porque la frontera que separa ambos países atraviesa el pueblo. Don Giuseppe es un contrabandista italiano que intenta sacar partido de esta circunstancia, pero sus esfuerzos siempre se ve truncados por culpa del implacable Ferdinand. Pero un buen día Don Giuseppe descubre algo muy interesante: la casa en la que nació Ferdinand ocupa la línea que divide el pueblo, de modo que si hubiera nacido en la cocina, entonces sería italiano y quedaría inhabilitado como agente aduanero francés. (FILMAFFINITY)




Volevo iniziare l'anno in allegria e spensieratezza, che fosse almeno un minimo intelligente, ed ecco cosa ho pensato di proporre, Totò e Fernandel, un bravo regista, una storia che è stata ispiratrice di tante gag e, non ultime, le musiche del grande Nino Rota.
Entrambi i protagonisti vivono ad Assola, immaginifico paese delle Alpi Marittime. Giuseppe La Paglia (Totò) è un contrabbandiere di origini napoletane, sposato con la ex moglie di Ferdinand Pastorelli (Fernandel), un brigadiere dei doganieri francesi. Pastorelli è sempre a caccia di La Paglia, ed è durante un rocambolesco arresto che parte il film.
Assola è percorsa dal confine che vi scorre dentro con la sua striscia. Ci sono situazioni paradossali, come quella di un albergo ristorante tagliato in 2 dal confine. La Paglia, per difendersi, scoprirà che Pastorelli in realtà è nato in Italia anche se è stato registrato in Francia e da quel momento per il povero doganiere inizierà uno stillicidio di eventi sempre peggiorativi della sua ambigua situazione che lo porteranno fino al limite del suicidio: non è francese; diventa italiano mentre stavano per sistemare le cose in Francia; tornando italiano il suo divorzio francese non vale per cui... un casino! D'altronde, come gli ripetono sempre da una parte e dall'altra del confine ad alta voce: La legge è legge!
Evito ovviamente di scendere troppo nei dettagli, anche se parliamo di uno di quei film talmente belli e divertenti che si potrebbero vedere e rivedere enne volte senza problemi, con quei 2 formidabili interpreti, ogni loro battuta o mimica facciale immancabilmente fa ridere! L'ho visto con famiglia riunita, è stato uno spasso per tutti e per far capire qualcosa ai ragazzi ogni tanto ho dovuto interrompere la visione per spiegare bene ad esempio il concetto di dogana, contrabbandiere, divorzio, bigamia, cose che han compreso alla svelta ma che non appartengono al "diritto naturale" ché se fosse così uno magari dovrebbe nascerci con quei concetti ed averli propri come il fatto di camminare. Sono invenzioni dell'uomo e l'incipit del film, con la voce di Totò fuori campo, su queste cose ci va giù diretto pur con simpatica ironia.
Divertentissimo ed adatto a tutti, ha anche uno sfondo di satira che un minimo tiene accese le sinapsi più colte, dopotutto il film altro non fa che utilizzare le leggi in vigore con estremo rigore esponendone quindi tutte le possibili contraddizioni. Per quanto di fantasia l'applicazione della legge non fa una piega. C'è persino un momento in cui Pastorelli è completamente apolide e nessuno lo vuole accogliere! Il massimo è però nel risalto della mancanza di una legge per il divorzio in italia mentre in francia c'è, cosa che crea una situazione drammatica e grottesca, inverosimile eppure, ripeto, a norma di legge.
Insomma, cogliamone pure un messaggio di: le leggi ci sono, bisogna farle rispettare ma usiamo il buon senso. Occhio però che viviamo tempi in cui i primi ad estendere questo principio senza limiti sono quelli che le leggi le dovrebbero scrivere nell'interesse generale, e visto che già se le scrivono per i comodacci loro, se pensano anche di applicarle solo quando serve cadiamo nel dramma (o ci siamo già?). Teniamo presente che le vittime dell'applicazione tassonomica del Diritto, in questo film come nella vita normale, sono sempre e solo le persone del cosiddetto popolo, i potenti ne escono quasi immancabilmente indenni e non faccio esempi ché voglio mantenere un clima gioioso nella recensione.
Una curiosità la devo riportare, presa dalla pagina wiki, perché a volte la fantasia non è così distante dalla realtà:
"Il film è basato sulla storia del Rattachement à la France del comune di Briga Marittima, che divenne francese nel 1947, secondo i Trattati di Pace di Parigi. In realtà, per questioni economiche e strategico-militari, il territorio del comune fu tagliato in due dalla linea di frontiera che segue la linea di cresta del bacino della Val Roja. In questo modo, tuttavia, alcune frazioni situate al di là delle creste, a qualche chilometro dal capoluogo divenuto francese, rimasero italiani: Realdo fa oggi parte del comune di Triora (IM) in Liguria, mentre Upega e Piaggia formano il comune di Briga Alta (CN) in Piemonte, istituito nel 1947. La nuova linea di frontiera causò non pochi problemi agli abitanti dei borghi italiani (ca. 700 abitanti in tutto): i pastori avevano i propri alpeggi al di là del confine ed i controlli dei gendarmi erano quotidiani; alcune famiglie di Realdo avevano le proprietà al Frascio, una frazione in territorio francese che fu abbandonata per le complicazioni relative al passaggio della frontiera ed alla gestione dei beni oltre-confine, che si protrassero fino agli anni '60 almeno; nei primi anni dopo il 1947, numerose persone furono arrestate dai gendarmi per contrabbando, mentre si recavano a Briga divenuta La Brigue per sbrigare le proprie faccende (vendere del formaggio, andare dal barbiere, ecc..); per tutti gli anni '50, i Brigaschi "italiani" dovevano chiedere i propri documenti come l'estratto di nascita, al municipio francese di La Brigue, con grandi disagi e ritardi. I nomi dei protagonisti del film sono ispirati dalla vicende locali: Fernandel è il gendarme Pastorelli, dal cognome di una delle più numerose famiglie brigasche. Nel film, più volte, si fa allusione agli ordini ed ai provvedimenti attesi dalla vicina Cuneo".
http://robydickfilms.blogspot.com.ar/2011/01/la-legge-e-legge.html


Critica:
Co-produzione italo-francese con Fernandel protagonista principale. Le riprese si fanno tra novembre '57 e gennaio '58 a Venafro nei pressi di Cassino, ma Totò preso dalla temperatura gelida interrompe le riprese e si ritira nella sua casa di Roma. Il film viene completato in fretta dalla sua controfigura "ufficiale", l'attore Dino Valdi. Scriveva Gian Luigi Rondi: "[..] Satira, farsa, parodia? Di tutto un pò. Il film porta la firma di Christian Jaque [..]

I suoi maggiori consensi comunque vanno agli interpreti: sia a Totò, sempre uguale, ma sempre divertente in quelle sue parti di ladruncolo affamato, capace solo di vivere d'espedienti, sia a Fernandel [..]". Un "vice" dal Corriere dell'Informazione: "Totò e Fernandel non si erano mai incontrati in un film; sul ring allestito da Christian Jaque per questa volta ha vinto il comico francese, e non perchè abbia superato in bravura il collega italiano, ma perchè il film è fatto per lui come tutti quelli che egli ha interpretato finora [..]".

Primo dei due film di Totò diretti da un regista straniero, il francese Christian Jaque, È certo che il capolavoro assoluto che fu "Guardie e ladri" ha sempre suscitato nei produttori e nei registi una grandissima attrazione, tant'è che sia questo "La legge è legge" sia "I tartassati" vi si ispirano, ed entrambi sono coproduzioni con la Francia, interpretate da attori francesi, Si aggiunga che Fernandel era diventato molto popolare in Italia a metà degli anni '50 grazie alla serie di film su "Don Camillo e l'onorevole "Peppone", e che la produzione italiana, per un ragionamento simmetrico, tentò, proprio in questo periodo, di lanciare Totò in Francia. Già con "Tempi nostri", "I tre ladri", "Totò, Vittorio e la dottoressa" e "Totò a Parigi" e poi con "Totò, Eva e il pennello proibito", "I tartassati", "Le belle famiglie", "La Mandragola", "Operazione San Gennaro" e "Le streghe" si cercò con tenacia di "esportare" Totò in Francia, ma l'operazione fallì, a riprova che il grande attore italiano era diverso da Fernandel o da Louis de Funes, che, doppiati in Italia, acquistavano. Totò invece, doppiato in Francia, moriva. E questo è una prova assoluta e ulteriore del fatto che la grandezza di Totò sta nella recitazione parlata e non su quella mimica. Nel calco di "Guardie e ladri", Totò torna ad interpretare il ruolo di un povero diavolo truffaldino, costretto, per campare, ad arrangiarsi con piccoli furti, piccole truffe e varie violazioni alle leggi doganali, ruolo a lui assolutamente congeniale, nel quale emerge con chiarezza la sua maschera bonaria e simpatica, furbesca e anarcoide, qualunquista e un po' cinica, ma sempre generosa. Si ha tuttavia l'impressione che questo film, al fondo, voglia quasi essere non solo una ripresa di "Guardie e ladri", ma persino una sua parodia, con una fortissima satira della burocrazia e dell'ottusità delle guardie di frontiera, sia italiane che francesi e con un "embrassons nous" finale tra i due popoli "cugini".
L'incertezza anagrafica del povero Ferdinando Pastorelli è sempre risolta in chiave comica, ma con un fondo sentimentale che la rende più credibile. Il film non è privo di momenti felici, soprattutto in alcuni duetti tra i due comici e nella descrizione del loro vissuto familiare. Il regista non rinuncia ad una certa utilizzazione riduttiva di Totò, spesso còlto (senza tuttavia mai esagerare) nelle mossette e nel modo di camminare della prima maniera, ma la cosa più interessante è che ancora una volta, soprattutto se messo in coppia, Totò rivela il suo volto di clown Augusto. Spetta quindi a Femandel il ruolo di clown bianco.
Totò, al contrario del muto Charlot, non è esportabile, perchè sono assolutamente intraducibili le sue eccezionali capacità recitative, non riferibili al puro "significante" linguistico, ma radicate fortemente nel retroterra culturale (e quindi anche e soprattutto linguistico) dell'italiano e del dialetto.
Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione
http://www.antoniodecurtis.org/legge.htm

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