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martes, 26 de enero de 2021

Abuso di potere - Camillo Bazzoni (1972)

TÍTULO ORIGINAL
Abuso di potere
AÑO
1972
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
102 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Camillo Bazzoni
GUIÓN
Enzo D'Ambrosio, Massimo Felisatti, Fabio Pittorru
MÚSICA
Riz Ortolani
FOTOGRAFÍA
Claudio Ragona
REPARTO
Frederick Stafford, Marilú Toló, Franco Fabrizi, Reinhard Kolldehoff, Corrado Gaipa, Claudio Gora, Ninetto Davoli, Judy Winter, Elio Zamuto, Guido Leontini, Umberto Orsini, Raymond Pellegrin
PRODUCTORA
Co-production Italia-Francia-Alemania del Oeste (RFA); Comacico, Dieter Geissler Filmproduktion, Milvia Cinematografica
GÉNERO
Drama. Thriller | Crimen. Policíaco

Sinopsis
El jefe de policía de una pequeña ciudad siciliana, amargado y con serios problemas personales, intenta descubrir a los dueños de una casa de juego clandestina. Dentro de esta organización se encuentra una prostituta que pretende corromper al policía. (FILMAFFINITY)
 
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Interessantissimo film firmato dal regista Camillo Bazzoni (fratello minore dell’altro regista Luigi), autore di soli 4 lungometraggi ma che vanta una lunghissima carriera come operatore di macchina e direttore della fotografia, questo “Abuso di potere” va a collocarsi temporalmente in una ideale terra di mezzo: siamo a marzo del 1972, il genere del poliziesco all’italiana vero e proprio sta emettendo i suoi primi vagiti (è da poco uscito nelle sale il fondamentale “La polizia ringrazia”) e iniziano ad affacciarsi sullo schermo i primi “commissari di ferro” che saranno l’emblema del genere. Al contempo è in grandissima auge il genere di denuncia sociale contro la mafia (“Il giorno della civetta” e “Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica” di Damiani). Bazzoni dirige quindi un particolare ibrido che fonde entrambi i filoni (indagine poliziesca e collusione della mafia con i poteri forti, tema già affrontato nel suo precedente “E venne il giorno dei limoni neri”) in una trama quasi gialla dove si vede moltissimo la mano della coppia di sceneggiatori composta da Massimo Felisatti e Fabio Pittorru. La figura del commissario protagonista interpretato da Frederick Stafford (fresco protagonista di “Topaz” di Hitchcock) incarna già molti tòpoi di coloro che di lì a brevissimo lo seguiranno: ribelle, violento, coriaceo, rude, bizzoso, incorruttibile, dai metodi poco ortodossi e invisi ai superiori, idealista… Nel sottofinale c’è anche un memorabile e lungo inseguimento in auto che in futuro sarà proprio uno dei punti di forza del poliziesco all’italiana. Insomma di carne a fuoco ce n’è parecchia e il cast è davvero ricchissimo di volti noti al nostro cinema di genere: oltre al già citato Stafford abbiamo Raymond Pellegrin, Franco Fabrizi, Reinhard Kolldehoff, Claudio Gora, Elio zamuto, Ninetto Davoli, Corrado Gaipa, Umberto Orsini, Guido Leontini e Renato Romano (ma quanti sono?!). Sul versante femminile vanno segnalate Judy Winter, Mavi Bardanzellu e la belissima e sfrontata Marilù Tolo che, curiosamente, come nel precedente e già citato “Confessione di un commissario…”, va incontro ad una brutta fine ad opera della mafia. La regia di Bazzoni è davvero efficace e il film rifugge il lieto fine come la peste proponendo un epilogo pessimista che, visto il dipanarsi della storia, giunge quasi inevitabile.
Calzanti e pregevoli, come al solito, sono anche le musiche di Riz Ortolani con un tema principale che, qualche mese dopo, verrà rielaborato dallo stesso Ortolani diventando “Quei giorni insieme a te” nel capolavoro fulciano “Non si sevizia un paperino”. Da vedere.
Palermo. Enrico Gagliardi (Umberto Orsini), un giornalista d’assalto, all’uscita da un night dove si era incontrato con l’usuraio Rosenthal (Corrado Gaipa), viene ucciso in una zona frequentata da prostitute; attirato lì con una scusa dalla prostituta Rosaria (Judy Winter), cade in un’imboscata fatale e trova ad attenderlo 4 scagnozzi che lo pestano a sangue prima di sparargli a bruciapelo. La notizia è sulle prime pagine di tutti i giornali: “Giornalista ucciso dalla mafia” (Gagliardi stava conducendo un’inchiesta giornalistica proprio sull’argomento). Dopo un summit tra il commissario Resta (Franco Fabrizi), il giudice D’Alò (Raymond Pellegrin), il questore (Reinhard Kolldehoff) e il procuratore della repubblica (Claudio Gora) si stabilisce che le indagini vengano affidate a qualcuno che non vada tanto per il sottile; viene dunque richiamato in servizio il commissario Luca Miceli (Frederick Stafford), uomo spigoloso e dal carattere non semplice che era stato mandato dal questore in una breve licenza proprio per i suoi metodi ritenuti non appropriati (in particolare il recente e brutale pestaggio di un detenuto).
Miceli ha la fama di piantagrane ed è un uomo tormentato anche in seguito al divorzio dalla moglie; insieme al vice-commissario Montesi (Elio Zamuto) si tuffa subito nell’inchiesta e, clamorosamente, scopre subito il colpevole grazie ad una telefonata anonima che lo informa che l’assassino si nasconde al porto, a bordo di un peschereccio pronto a salpare. Dopo un’irruzione a bordo viene anche ritrovata l’arma del delitto e l’uomo viene arrestato. Si tratta di Turi Delogo (Guido Leontini), un “picciotto” che, dopo le reticenze iniziali, assaggia i metodi del commissario di ferro durante l’interrogatorio (gli schiaffoni non si contano) e confessa il delitto: racconta di essersi appartato con una prostituta in un cespuglio e di aver ucciso il Gagliardi che lo stava spiando.
Miceli riceve le congratulazioni da tutti per il successo e la rapidità della conclusione delle indagini ma gli sembra tutto troppo facile e vuole vederci chiaro in quanto trova alquanto inverosimile che un giornalista impegnato come il Gagliardi si riducesse a fare il guardone che spia le coppiette. Ritenendo anche particolare la location dell’omicidio, il commissario inizia a torchiare il magnaccia Yo-yo (Ninetto Davoli) che gli rivela che la vittima si accompagnava spesso a una squillo di lusso (quella Rosaria che lo aveva appunto attirato nel tranello mortale). Miceli e Montesi vorrebbero interrogarla ma la trovano morta nel suo appartamento per overdose di eroina. In seguito ad una rapida perquisizione trovano un anello di brillanti che il giornalista voleva regalare ad una donna e che gli era caduto durante la colluttazione. Miceli controlla i rimborsi spese del Gagliardi al giornale dove lavorava e scopre che aveva ricevuto un anticipo di un milione di lire (che gli era servito per comprare il famoso anello), unitamente a tante spese di alcolici nel night di un hotel.
Miceli capisce che la chiave di tutto si nasconde proprio in quell’hotel e che Gagliardi è stato ucciso perchè aveva probabilmente scoperto qualcosa di importante. Il nostro commissario va allora a fargli una capatina e viene casualmente agganciato da una donna, Simona (Marilù Tolo), che gli rivela di avere amici potenti che potrebbero aiutarlo se lui lasciasse perdere le indagini e si comportasse bene; lui finge di abbozzare, vanno a letto insieme, gli viene regalata un’auto nuova e Simona lo accompagna in una bisca clandestina dove, giocando una mezz’oretta a chemin de fer, vince in un colpo solo 600.000 lire.
Mentre il testardo commissario finge di essere stato corrotto le indagini continuano sotto traccia; alla fine scoprirà che il giornalista assassinato era riuscito a risalire all’identità di un trafficante internazionale di droga (l’usuraio che si fa chiamare Rosenthal) legato alla mafia, motivo per il quale era poi stato ucciso. Miceli piomba allora nuovamente nel famoso hotel e lo arresta ma poichè è sabato e gli uffici sono chiusi non riesce a rintracciare il giudice per farsi firmare il mandato di cattura; procede però ugualmente ad un arresto illegittimo, commettendo abuso di potere… La storia non finirà bene.
https://ilmiovizioeunastanzachiusa.wordpress.com/2019/08/24/abuso-di-potere-1972/

"[...] Film composito, gremito di episodi non tutti pertinenti, avrebbe guadagnato da una narrazione più secca e lineare. Così finisce con il risultare una summa di più o meno recenti pellicole dedicate alla mafia: sulla traccia di fatti che hanno avuto eco in inchieste e cronache di vario impegno. Come spettacolo non manca di rilievo, di sveltezza e di presa; il regista Bazzoni ha anche tratto un buon partito dai molti efficaci attori. "
A.V. (Achille Valdata) - La Stampa - 19/05/1972

"[...] Denso di episodi interessanti,il film rivela nel suo insieme una regia abile,attenta e spesso graffiante. Camillo Bazzoni è riuscito, infatti, ad imprimere efficace consistenza al racconto non soltanto attraverso una narrazione spigliata, ma ponendo il giusto accento su tutte quelle notazioni che, per il loro rilievo, concorrono a rendere ancor più avvincente la trama. A tanto si deve aggiungere la buona caratterizzazione dei personaggi - eccellente quella del commissario - ai quali hanno dato vita l’ottimo Frederick Stafford e i pur bravi Corrado Gaipa, Marilù Tolo, Raymond Pellegrin, Franco Fabrizi e Umberto Orsini. "
Vice - Il Messaggero - 21/05/1972

"Sottoprodotto del filone che il nostro cinema sta dedicando ai commissari di pubblica sicurezza e alle loro più o meno scoperte nevrosi [...]. Camillo Bazzoni non ci mostra nulla di nuovo. Nel minestrone ha messo tutti gli ingredienti già visti in diversi film sulla mafia correggendo la ricetta con un commissario all’americana cui presta faccia Frederick Stafford [...]."
F.A. - Il Giorno - 05/07/1972
http://www.pollanetsquad.it/scheda.php?sez=film&cod=108


 

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