ESPACIO DE HOMENAJE Y DIFUSION DEL CINE ITALIANO DE TODOS LOS TIEMPOS



Si alguién piensa o cree que algún material vulnera los derechos de autor y es el propietario o el gestor de esos derechos, póngase en contacto a través del correo electrónico y procederé a su retiro.




sábado, 30 de enero de 2021

Il medico dei pazzi - Mario Mattoli (1954)

TÍTULO ORIGINAL
Il medico dei pazzi
AÑO
1954
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español e Italiano (Separados)
DURACIÓN
91 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Mario Mattoli
GUIÓN
Ruggero Maccari, Mario Mattoli, Vincenzo Talarico, Totò (Obra: Eduardo Scarpetta)
MÚSICA
Pippo Barzizza
FOTOGRAFÍA
Riccardo Pallottini
REPARTO
Totò, Franca Marzi, Aldo Giuffrè, Vittoria Crispo, Carlo Ninchi, Tecla Scarano, Nerio Bernardi, Giacomo Furia
PRODUCTORA
Ponti
GÉNERO
Comedia | Años 1910-1919

Sinopsis
Nápoles, 1911. En la pensión Estrella vive Ciccillo, mantenido por su rico tío Felice Sciosciammocca, alcalde de Roccasecca. Éste cree que su sobrino ha estudiado medicina, es psiquiatra y regenta una clínica. Pero en realidad Ciccillo se ha dado a la buena vida y al juego. Así cuando Felice con la familia decide ir a ver a su sobrino, a Ciccillo no se le ocurre otra cosa que hacer pasar la pensión Estrella por su manicomio y a los huéspedes por locos, algo por otra parte, no muy alejado de la realidad... (FILMAFFINITY)
 
1 
2 
3 
4 

La stagione di Totò è passata, siamo al tramonto, insisti e insisti le mosse del principe comico non ottengono più l'effetto di un tempo.
Il pubblico di ieri sera ha riso solo due o tre volte, ha protestato anche: è troppo, c'è un limite a tutto. Si può andare anche al cinema per trascorrere due ore liete, per dimenticare i propri guai, ma si approfitta di questa debolezza, al punto che, promettendovi quattro franche risate, non si esita, una volta sborsato il prezzo del biglietto, ad offendervi, somministrandovi solo quattro bestialità. Marco Galllo, "L'Avanti", Roma, 13 novembre 1954.
"Il medico dei pazzi", ultimo film della "trilogia" di Scarpetta-Mattoli, pur essendo di ottima fattura nel genere della farsa, appare inferiore agli altri due, e qui l'eroe popolare Felice Sciosciammocca interpreta il sindaco di Roccasecca.
La riduzione del film a teatro è più attenuata rispetto ai due precedenti, solo quando siamo alla conclusione della vicenda, con Felice Sciosciammocca e la moglie in carrozza, Mattoli dichiara esplicitamente che lo spettatore ha assistito ad uno spettacolo teatrale.
Dopo un'allusione un po' pirandelliana secondo cui "i pazzi", ce ne se saranno anche in sala, Felice Sciosciammocca recita alcuni versi in rima ed alza un cartello con scritto "fine".
Ne "Il medico dei pazzi" de Totò appare nel complesso più spento e la sua recitazione, pur perfetta nei tempi, nelle pause e nella voce, risulta meno convincente.
Si ha l'impressione che qui de Curtis non rispetti del tutto il codice stilistico della farsa e che voglia attenuare il macchiettismo d'insieme.
Nel suo complesso il film scorre con una giustapposizione di scene, spesso a due personaggi, quali rispettando la scansione di sketches isolati da teatro di rivista, nelle quali l'effetto comico è irresistibile, a parte alcune esagerazioni inutili, come l'inserto dei tre acrobati che, come in una scena da circo, scaraventano in aria Felice Sciosciammocca.
Nei "pezzi" a due con Carlo Ninchi, Ugo D'Alessio, Mario Castellani, Franca Marzi e soprattutto con l'esilarante Pupella Maggio, Totò sa tirar fuori tutta la sua arte recitativa e il suo straordinario mestiere, aumentando la dose di ironia rispetto ai due film precedenti.
Non mancano le battute del tipo ho un capello per diavolo, de profundis, signora... de profondis, de gustibus non est sputazzellam, lo scambio di crudo con drudo, di concolina con coccolina e il solito giochetto, già sperimentato in "47 morto che parla", con il nipote che, avendo chiesto un prestito di 500 lire, confuso dallo zio, dichiara "voi non mi dovete niente".
Bisogna anche annotare, in riferimento a tutta la "trilogia" scarpettiana, che il personaggio di Felice Sciosciammocca, nelle mani di Mattoli è andato gradualmente arricchendosi di sempre maggiori dettagli realistici e si è andato parzialmente imparentando con l'Antonio Scannagatti di "Totò a colori" e in parte con il "Tapioka" de "I tre ladri", mentre molti dei personaggi interpretati da de Curtis nei film successivi del tipo "Totò, Peppino e...", che abbracceranno tutta la seconda metà degli anni cinquanta e la prima metà degli anni sessanta, costituiscono l'evoluzione, adattata ai tempi e ai nuovi stilemi, proprio di quel felice Sciosciammocca, napoletano semplice e felice (come indica il suo nome), che Mario Mattoli ha saputo adattare così bene al volto di de Curtis e alla maschera di Totò.

Tratto da "Totò principe clown" di Ennio Bìspuri per gentile concessione
http://www.antoniodecurtis.org/pazzi.htm

Scarpetta, Il Medico dei Pazzi: la commedia
Il Medico dei Pazzi, datata 1908, è una delle più travolgenti ed esilaranti commedie di Scarpetta, ma rappresenta anche il canto del cigno di un autore/attore che l'anno successivo lascerà le scene.
La vicenda si snoda in tre atti e riconosciamo ancora palese la peculiare formula teatrale di Scarpetta dove "agiscono certi meccanismi che mettono in moto un determinismo di impulsi che alimentano, danno vita, fanno crescere la materia del narrato o se si vuole, la vicenda, perchè quel che accade può comunque definirsi vicenda, nel senso che della vicenda possiede il carattere della temporalità e la connessione degli avvenimenti...
Nel primo atto la vicenda viene impostata su basi ampie e altrettanto ampiamente si sviluppa occupando spazi che via via si arricchiscono di elementi che convergono nell'intento tematico lievitandolo.
Nel secondo atto il tema viene affrontato e approfondito con una varietà di trovate che conferiscono alla materia vivacità ed attrazione che reggono senza alcuna soluzione di continuità.
Il terzo atto è risolutore, non però miracolosamente..., ma solo in modo accomodante. Questa volta prevalgopno la umana rassegnazione e la rinuncia"

Scarpetta, Il Medico dei Pazzi: La Trama
Ciccillo, nipote dissennato, vive da anni a Napoli alle spalle dello zio Felice Sciosciammocca che sta a Roccasecca.
Per spillargli sempre più soldi gli fa credere di essere studente di medicina e con questa scusa lo zio foraggia, suo malgrado, ogni suo vizio. Ma all'improvviso, inaspettatamente, lo zio arriva a Napoli con moglie e figlia. Ciccillo, non sapendo che pesci prendere, inventa che la pensione in cui vive a sbafo è in realtà un manicomio ed i suoi ospiti sono in realtà dei pazzi che credono di essere la proprietaria della pensione, un maggiore a riposo, un musicista ecc. L'unico sano, lo zio Felice Sciosciammocca appunto, rischia di esser preso per pazzo. Il tutto viene scoperto ed il finale è "a tarallucci e vino" come nella migliore tradizione dell'autore.

Ad una prima lettura si potrebbe credere che questa volta Scarpetta abbia voluto dare un contenuto al suo testo argomentando che la pazzia è solo questione di angolo di visuale, di condizioni.
Non è così !
In realtà questo teatro, come sempre, punta solo a far ridere, a blandire lo spettatore che alla fine, purtroppo, dovrà uscir fuori, tornare a casa, confrontarsi con la sua realtà. Ma in questo momento, seduto nella poltrona del teatro, la sua realtà è un'altra, è quella consolatoria e bonacciona di una conclusione che lascia tutti contenti e per questo, almeno oggi, è come quelle cucine internazionali che debbono piacere a tutti e finiscono immancabilmente per non accontentare nessuno.

Scarpetta, Il Medico dei Pazzi: adattamento, elaborazione e note di regia
Nel nuovo adattamento i luoghi scelti da Scarpetta per l'azione non rimandano più ad una fisicità reale ma simboleggiano un doppio: il luogo fisico accessibile alla vista ed un luogo "altro" inaccessibile. Infatti, pur mantenendo la tradizionale comicità del testo, l'azione si svolge in una clinica psichiatrica dove "pazzi veri" recitano uno psicodramma. Ma quando la rappresentazione finisce gli attori non vogliono smettere di recitare, non vogliono tornare ad essere "se stessi" perchè quel "se stessi" nel loro caso non ha significato. Per loro solo il teatro, la luce di scena, è "finzione" che dà vita, è "maschera" che dà coraggio, è "ruolo" che dà identità a loro come anche a tutti gli attori che pazzi non sono

L'elaborazione
Il testo è stato parzialmente tradotto in Italiano per facilitarne la comprensione, senza che questo, ci sembra, abbia in alcun modo intaccato l'inesausta vis comica dello stesso. Sono state però conservate alcune espressioni del dialetto originale, o perché intraducibili, o perché ben comprensibili e ritenute importanti per una coloritura della scena in particolari occasioni; ad alcune espressioni, pur tradotte in Italiano, abbiamo volutamente mantenuto la costruzione sintattica dell'originale. Gli originali tre atti sono stati ridotti a due.
La Scena, pur mantenendo intatto l'impianto ideato da Scarpetta, è stata spostata in un ospedale psichiatrico, di conseguenza i luoghi descritti: il Caffè alla Torretta, la Pensione Stella, il Villino De Rosa, sono ricostruitti all'interno dello stesso.
I Personaggi - Sono scomparsi Peppino, il cameriere, e Don Carlo, il Direttore della Pensione Stella. Le due parti sono state riunite in quella di Michelino che diventa una divertente macchietta factotum: cameriere, quando serve, direttore ed amico di Ciccillo. Abbiamo eliminato anche il ruolo di Carmela e quello del Venditore Ambulante, perché drammaturgicamente poco rilevanti
- In questa nuova lettura i "finti pazzi", dipinti da Scarpetta, diventano "veri pazzi" che vivono la loro tragicomica esperienza ma all'interno di un dramma ben più grande che è il loro, di malati di mente che recitano l'esilarante ruolo di "pazzi". Un regista-medico-burattinaio di corpi che senza il loro ruolo di scena, la parte, non hanno identità, incombe, sempre fuori scena, su tutta la commedia che conserva però intatta, ad eccezione del nuovo, tragico, finale, la sua forza comica.
I tre atti dell'originale sono stati ridotti a due sia per non tediare troppo il nostro pubblico non più abituato a spettacoli così lunghi, ma soprattutto perchè il testo, pur scoppiettante e ricco di invenzioni, denuncia il peso degli anni.
I personaggi si dilungano spesso in inutili convenevoli che distolgono l'attenzione dello spettatore ed in più alcuni personaggi, non essenziali allo sviluppo dell'azione, sono stati eliminati. Errore: dirà qualcuno, perchè nel teatro di Scarpetta i personaggi significano non in quanto tali ma perchè offrono agli altri la battuta, sono merce di scambio per la risata. Vero: ma di questo si è tenuto conto non tagliando brutalmente il personaggio ma semplicemente accorpando le sue battute su di un altro. In questo modo sono scomparsi Peppino, D. Carlo, un venditore ambulante, Carmela e gli avventori del caffè ed alcuni di questi sono stati inglobati in Michelino che da personaggio quasi di contorno, nella versione originale, è diventato un primattore.
Allo stesso modo eravamo convinti che i tre atti frammentassero inutilmente l'azione e così sono diventati due spostando alcune azioni da un luogo, il "Caffe alla Torretta", all'altro, la "Pensione Stella", ed utilizzando una scenografia che permettesse di separare i tempi pur mantenendo l'unità degli spazi. Nello stesso tempo abbiamo apportato una grossa variazione al testo che, crediamo, gli dia più vigore e lo avvicini ai nostri giorni: abbiamo spostato l'ambientazione che in realtà, la realtà del teatro, non si svolge più nei luoghi scelti da Scarpetta ma nel loro simulacro. C'è sempre il "Caffè alla Torretta", c'è sempre la "Pensione Stella", ma mentre in Scarpetta questi luoghi rappresentano l'immagine di se stessi ora, nel nuovo adattamento, simboleggiano un doppio: il luogo fisico accessibile alla vista ed un luogo "altro" inaccessibile. Siamo infatti in un improbabile teatro di una improbabile casa di cura psichiatrica dove improbabili attori/pazienti recitano in uno psicodramma, finzione nella finzione, se stessi e contemporaneamente un universo "altro" diverso da se. La doppia finzione nutre se stessa e si moltiplica in un gioco di specchi. La "realtà" degli attori "pazzi veri" è grigia e immobile, come grigia e immobile è la "realtà" che traspira dal teatro di Scarpetta al di là delle risate che suscita, ma il miracolo qui non avviene nel finale ma si sustanzia subito quando comincia lo spettacolo e gli attori "pazzi" passano dal mesto grigiore del loro mondo di alienazione al colore ed alla vita del teatro ed alla sua improbabile scenografia in cui i colori della realtà sono travisati in una visione buffonesca.
Leggendo il finale, così come Scarpetta lo ha concepito, si rimane profondamente delusi che tanta vivace invenzione venga annullata da un epilogo così mesto, logoro, come se l'autore, stanco del suo lavoro, volesse disfarsi di un fardello diventato più grande di lui. Un finale che forse all'epoca dello Scarpetta era gradito, atteso e studiato per adulare lo spettatore ma che oggi avrebbe un solo significato: tutto è bene quel che finisce bene, stucchevole. Con queste premesse quel finale consolatorio non aveva più motivo di esistere ma lo abbiamo conservato solo per contrapporlo al nuovo finale che si aggancia al primo. La rappresentazione finisce e gli attori non vogliono tornare ad essere se stessi, perchè quel "se stessi" nel loro caso non esiste, solo il teatro, la finzione, dà loro identità e giustifica ai loro occhi una vita di un grigio senza speranza. Quando le luci di scena si spengono il colore della vita va via e la loro paura è che scompaia per sempre ingoiato nel magma di un'esistenza che sfugge al loro controllo. Così alla fine gli attori e Ciccillo per tutti chiedono:-..Dottò, nun a stutate chella luce...-. Quella luce di scena è "finzione" che dà vita, è "maschera" che dà coraggio, è "ruolo" che dà identità a loro come anche a tutti gli attori che pazzi non sono.

Brani da: Storia del Teatro Napoletano - Guida editori - 1969 - Storia del Teatro San Carlino, 1758-1884 - Bersio editore - Scarpetta Tutto il Teatro - Ed. Newton
https://www.teatrodinessuno.it/scarpetta/medico-pazzi

 


 

1 comentario: