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jueves, 14 de enero de 2021

Allacciate le cinture - Ferzan Ozpetek (2014)

TÍTULO ORIGINAL
Allacciate le cinture
AÑO
2014
IDIOMA
Italiano
SUBTÍTULOS
Español (Separados)
DURACIÓN
110 min.
PAÍS
Italia
DIRECCIÓN
Ferzan Ozpetek
GUIÓN
Ferzan Ozpetek, Gianni Romoli
MÚSICA
Pasquale Catalano
FOTOGRAFÍA
Gianfilippo Corticelli
REPARTO
Kasia Smutniak, Francesco Arca, Filippo Scicchitano, Carolina Crescentini, Paola Minaccioni, Elena Sofia Ricci, Francesco Scianna, Carla Signoris, Luisa Ranieri, Giulia Michelini
PRODUCTORA
R&C Produzioni, Faros Film
GÉNERO
Drama. Romance | Enfermedad

Sinopsis
En el año 2000 nace la atracción entre los dos jóvenes protagonistas, la camarera Elena y el mecánico Antonio, rudo, racista, homófobo. La historia da un salto de trece años. La atracción se ha convertido en una relación estable. Están casados y tienen dos hijos. Él ha ganado peso y es incapaz de una relación madura, por lo que la traiciona. Ella dirige una discoteca de éxito, es ambiciosa. Un día descubre que tiene cáncer de mama. Le rodea el cariño y afecto de su amigo homosexual Fabio, su madre Anna y la extravagante compañera de ésta. Sin embargo, tendrá que luchar contra la enfermedad con la duda de si su marido sabrá ayudarla.
 
Premios
2013: Premios David di Donatello: 11 nominaciones, incluyendo mejor director
2 
3 
Sub 

Ci vuole un po’ di pazienza in questo “Allacciate le cinture”, ultima fatica del regista turco – ma italiano d’adozione – Ferzan Ozpetek. Per i primi venti minuti almeno. Gli sguardi truci di Francesco Arca, situazioni un po’ “cinematografiche” (nella realtà accadono difficilmente), e qualche stereotipo di troppo, fanno presagire di essere incappati nel film meno ispirato del talento turco.
Poi però il registro cambia, e la parte centrale del film, pur risentendo di qualche calo qualitativo, riesce a regalare emozioni e più di una risata. I personaggi secondari, quelli che dovrebbero essere più stereotipati, risultano i più umani, ottimamente caratterizzati e recitati ancora meglio. Non si può rimanere indifferenti alla malata Egle, o non volere bene alla bipolare Viviana/Dora (Paola Minaccioni ed Elena Sofia ricci). Anche la bambina “già adulta”, la piccola Guenda, riesce a sfuggire allo stereotipo del bambino intelligente e sfrontato, adulto più degli adulti, regalandoci un personaggio fragile, intelligente, non scontato e ben interpretato.
Le intuizioni registiche iniziano a mostrarsi con efficacia dopo la prima, timida, parte.
Il punto debole resta la recitazione di Francesco Arca, ex tronista e personaggio televisivo, che pur mostrando qualcosa di buono non riesce a dare al suo personaggio quella tridimensionalità di cui avrebbe bisogno per sfuggire ai luoghi comuni dentro cui è stato intrappolato: meccanico silenzioso e ignorante, razzista, palestrato, amante delle donne e delle grosse cilindrate. Sia per demeriti personali, sia per una scrittura opaca, Antonio, questo il nome del personaggio, non riesce a mostrarci il suo mondo interiore e i turbamenti che invece vorrebbe far abbondare nei suoi sguardi, e la regia si sofferma troppo spesso sul suo corpo statuario piuttosto che sulle sue debolezze da essere umano, con azioni coraggiose e poetiche che però non trovano riscontro in un’evoluzione, dichiarata ma non raccontata, del personaggio.
Brilla invece Filippo Scicchitano, che conferma quanto di buono fatto vedere in “Scialla!”, qui in veste dell’inseparabile amico gay di una delicata Kasia Smutniak, a cui invece è mancato qualcosa per rendere a pieno un personaggio splendidamente scritto e raccontato.
Resta alla fine un film fatto di alti e bassi, intuizioni geniali e banali stereotipi, che però riesce ad emozionare più di una volta pur restando lontanissimo dai precedenti capolavori di Ozpetek, “Mine vaganti” e “Le fate ignoranti”.
Michele Mangini
https://fuoriposto.com/site/allacciate-le-cinture-recensione-dellultimo-film-di-ferzan-ozpetek/
 
 
Siamo tutti d’accordo: “Allacciate le cinture” non è il miglior film di Ferzan Ozpetek. Il ritmo, i colori del racconto e tutta l’intensità a cui il regista turco ci ha abituati sono lenti, opachi, ridotti.
Il pathos è annacquato, come se la pioggia battente con cui inizia il film attraversasse tutta la trama narrativa e lasciasse naufragare lo spettatore lasciandolo perennemente lontano dalla riva. Non è colpa della recitazione dell’ex tronista Francesco Arca nella parte del coprotagonista. In fondo, con i suoi monosillabi e i gesti rudi, interpretando se stesso disegna perfettamente il suo personaggio e, come sempre, Ozpetek ci insegna a spogliarci del pregiudizio.
''Allacciate le cinture'' di Ferzan OzpetekNon è colpa nemmeno della storia che ancora una volta tratta il tema dell’amore attraversandolo da angolazioni scomode e arrivando sino alle parti più crude e vere. La causa è nel ritmo, nella scelta azzardata di svelare il suo senso solo nella parte finale e di farci arrivare uno spettatore ormai rassegnato ad un balletto scomposto tra ironia e dramma, in attesa del tassello essenziale che dia senso al disegno del puzzle.
“Allacciate le cinture” non è il miglior film di Ferzan Ozpetek, ma per scoprire che non delude, bisogna aspettare la fine e mettere insieme i pezzi.
Se siamo in volo, le cinture si allacciano quando arriva la turbolenza. Si sta sul posto e ci si tiene saldi. Altrimenti si cade.
''Allacciate le cinture'' di Ferzan OzpetekIl film racconta il momento in cui dentro la coppia arriva la turbolenza e si sfiora il dubbio di sentirsi completamente soli; e in quel momento, attraverso il dolore, si scopre il vero significato dello stare assieme. Per arrivarci, Ozpetek va avanti e indietro nel tempo con dei sapienti flashforward, ci fa attraversare tavole apparecchiate, letti d’ospedale e i vicoli del centro storico di Lecce con le facciate barocche, entrando dentro le case e percorrendo le strade sino ad arrivare al mare. Ci fa accompagnare da un coro divertente e chiassoso di amici e da una toccante Kasia Smutniak, che non riesce a imbruttirsi neanche quando il copione lo richiede. Ci fa attraversare la pioggia e giornate di Sole pieno, silenzi in stanze nascoste di officine e l’acqua del mare dove, senza parole, le anime si toccano in un legame che neanche la turbolenza più feroce può spezzare. Per scoprirlo, bisogna arrivare sino al centro del dolore dove si può scegliere se cadere o allacciare le cinture.
No, non è il miglior film di Ferzan Ozpetek, ma anche questa volta è riuscito a raccontare con forza la vita e quelle vicende più intime e vere che, senza un grande regista, sarebbero rimaste del tutto impalpabili.
Cristina Muntoni
http://www.cinemecum.it/newsite/index.php?option=com_content&view=article&id=4162:allacciate-le-cinture-di-ferzan-ozpetek&catid=259&Itemid=241
 

La recensione odierna concerne l’ultima fatica cinematografica di Ferzan Ozpetek – regista turco, già autore di celebrati lungometraggi – “Allacciate le cinture”, interpretato dall’attrice polacca Kasia Smutniak, una splendida Elena e da Francesco Arca, già tronista un decennio fa, che supera con onore la prova, anche perché il personaggio di Antonio sembra veramente corrispondergli. I due impersonano soggetti apparentemente sbagliati l’uno per l’altro: Antonio sembrerebbe un superficiale e rozzo meccanico, peraltro razzista, che intrattiene un rapporto con la migliore amica della protagonista, una incolore Carolina Crescentini… Elena, invece, una più raffinata e razionale barista, già impegnata con il più affine fidanzato, reso senza troppo impegno da Francesco Scianna. Antonio ed Elena, peraltro, non si stimano e sembrerebbe dunque normale lasciar perdere, ma la passione travolge tutto e spariglia le carte… Con un salto di 13 anni ritroviamo i due protagonisti ancora insieme, ma distanti anni luce, ciascuno chiuso nel proprio universo, lontani nonostante i due figli, finché la malattia di Elena non li fa ritrovare con semplicità, uguali, ma divenuti altri … ed anche fisicamente quasi irriconoscibili… lui ha messo su pancia, lei è smagrita oltremodo e alla sua versione passionale se ne è sostituita una di donna con i piedi per terra.
Il film si snoda attraverso un’originale articolazione, con un singolare percorso, per cui attraverso un flash-back, quasi sul finale, si ritorna indietro a tracciare la rotta precedente, che si poteva immaginare soltanto. Attraverso le recitazioni delle figure comprimarie, uno stravagante personaggio impersonato in maniera eccellente da Elena Sofia Ricci e di Carla Signoris in un brillante ruolo – le due si rivelano legate da affettuosa relazione – di Giulia Michelini, giovane oncologa di tutto rispetto – in una piccola-grande parte – di Filippo Scicchitano, barista gay di grande spessore umano e legato ad Elena anche per via di un passato (che si disvela poco a poco) ed infine di una svampita e super corazzata Luisa Ranieri, il lungometraggio risulta di grande spessore. L’amore, come sembra, è l’indefinibile per eccellenza ed lfine rende consapevoli di cosa conta davvero. Ti può travolgere come un treno, annullare la razionalità o divenire pacato ed adulto e trasformarsi, perché è cambiata l’esistenza e si è diversi.
La molla del cambiamento è un evento dirompente, rappresentato da un cancro al seno che colpisce Elena, evento sapientemente reso attraverso lucide descrizioni delle fasi della malattia, delle locations ospedaliere, dei trattamenti, dell’impietosa rappresentazione della protagonista calva e pallidissima, che ora combatte, ora sembra lasciarsi andare – pur avendo vicini i suoi affetti, che divengono la sua forza… – e che alla fine riesce ad uscire dal tunnel (almeno così speriamo). Le mutilazioni dalla stessa subite, nel corpo e nell’anima, sembrano effettivamente colpire anche noi che siamo con lei mentre gioca “a fare la persona sana”, indossando improbabili parrucche… La compagna di stanza, un’originale Paola Minaccioli, che purtroppo sarà soggetta ad infausta fine, è unita saldamente ad Elena dal corpo a corpo con la malattia, dall’alternarsi tempestoso di energie e senso di perdita, anche se rappresenta esteriormente una persona di grande forza ed esuberanza… le due malate sono bellissime, pur pallide e smunte, e si intuisce che entrando nella bolla della malattia vivono momenti di grande smarrimento, mutando anche la percezione del loro sé… in Elena le emozioni lasciano il segno, quelle terribili prove la rendono certa di avere tanto per cui combattere ed il rozzo Antonio si rivela un attento marito, che riesce a far percepire alla malata il proprio desiderio ed a farle ritrovare il suo corpo.
Il destino è forse il vero protagonista della pellicola, quel destino che con i suoi intrecci misteriosi può spingere ex abrupto “ad allacciare le cinture”per affrontare le turbolenze dell’esistenza. In definitiva una grande prova registica ed attoriale, con una discreta fotografia di Gianfilippo Corticelli, tiepide musiche di Pasquale Catalano ed una sapiente scrittura di Gianni Romoli e dello stesso Ferzan Ozpetek.
Tosi Siragusa
https://www.tempostretto.it/news/passaggi-cinematografici-allacciate-cinture-ultima-fatica-ferzan-ozpetek.html
 



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